28 maggio 1974–28 maggio 2024: storia nota? Storia nostra.

People’s Memory Project
5 min readMay 28, 2024

Il 28 maggio di 50 anni fa una bomba esplodeva in un cestino portarifiuti posto nel porticato di piazza della Loggia a Brescia. Pioveva forte e i primi ad arrivare, delle migliaia di persone scese in strada per rispondere all’appello antifascista di sindacati e movimenti, cercarono riparo. Si veniva da almeno un anno di particolare recrudescenza squadrista ed eversiva, in una città di confine con quel Veneto che è oggi a tutti gli effetti storicamente definibile come una delle culle dello stragismo neofascista. E si veniva anche da una feroce campagna per bloccare lo spostamento a sinistra degli equilibri sociali e culturali del Paese, di cui la vittoria progressista al referendum sul divorzio era stato il più importante segnale. Quello spostamento, poi, sarebbe stato usato dall’apparato del Partito comunista più per avviare la tattica di consociazione agli equilibri moderati del potere repubblicano che per realizzare reali riforme democratiche e di maggiore eguaglianza sociale — ma questa è un’altra storia.

Colpo di coda (assieme alla successiva strage del 4 agosto sul treno Italicus e le bombe, senza morti, di Savona di novembre) di un blocco civile-militare composito che per cinque anni aveva dichiarato una guerra sporca e sognato un possibile colpo di Stato. Per la prima volta si colpiva dichiaratamente a sinistra e non tra la folla anonima di un treno o una banca, oppure tra le forze dell’ordine, seguendo una pista pre-impostata che portava inevitabilmente e preventivamente in ambienti anarchici, rossi, operai. 8 morti e 104 feriti, sindacalist* e lavoratori/lavoratrici: la più grave strage dopo piazza Fontana a Milano, il 12 dicembre di cinque anni prima.

Sarebbe bello poter dire “è storia nota”, ma non è così. Perché attorno alla strategia della tensione il discorso è stato inquinato da una molteplicità di elementi tossici: il luogo comune dei “misteri d’Italia”, come se la storia nazionale fosse un grande romanzo giallo e criminale, che ignora invece le ormai solide verità storiche attorno a quegli anni, arrivate ben prima delle poche, parziali verità processuali e nonostante la maggioranza di fallimenti giudiziari su mandanti ed esecutori delle stragi; la confusione, costante, permanente, stupida o in malafede, con i fenomeni genuini di conflitto sociale, violenza di piazza e finanche lotta armata di sinistra, che con il tempo si sono sovrapposti nel senso comune allo stragismo neofascista e alla retorica dei cosiddetti “apparati deviati dello Stato” — ma deviati non erano: perseguivano gli obiettivi per cui erano e sono organizzati e resi, appunto, “segreti” i servizi. Producendo quel mostro che anche nelle generazioni più giovani vuole le stragi degli anni Settanta e persino Bologna, che è una storia diversa anche se collegata, opera delle sempiterne Brigate rosse.

A questa, di recente, si è aggiunta un’altra operazione: quella della destra post-fascista oggi al governo nella sua piena egemonia, le figlie e i figli del Movimento sociale italiano, Ordine Nuovo e Avanguardia Nazionale, che da sempre ha fatto leva sulle assoluzioni e le verità processuali mutilate per dipingersi “vittima di un complotto” ordito dal “sistema partitocratico”, contro la destra sociale — che oggi Giorgia Meloni e i suoi hanno ribattezzato “democratica” — che sarebbero stati i veri emarginati della Repubblica, per nascondere le colpe della “centrale sovversiva” che dal PCI arrivava alle università, passando per il progetto guevarista di Feltrinelli e la lotta armata delle Brigate rosse e le doppie bombe degli anarchici accanto a quelle dello Stato.

Ma nelle pieghe del tempo e dei silenzi dei tribunali, una generazione di storici ha scavato e ha trovato risultanze che, nel caso di Brescia, hanno portato anche a delle condanne e delle indicazioni importanti, in occasione dell’ultimo processo conclusosi nel 2017 (cui, per inciso, sono fiero di aver lavorato nel primo grado come ausiliario del perito tecnico Aldo Giannuli, assieme a molt* all’epoca giovani student* di storia dell’Associazione Lapsus): le responsabilità materiali di Ordine Nero e del neofascismo veneto nell’aver compiuto anche questa strage; la regia del SID — Servizio informazioni difesa e dei carabinieri, nell’aver presenziato e ospitato persino riunioni preparatorie — oltre che aver poi avviato il lungo depistaggio dopo il 28 maggio, portato avanti tra gli altri da un futuro noto collaboratore del generale Dalla Chiesa, come Mario Mori — rispettivamente nella sede coperta di via Montanari e nella caserma dell’Arma di Parona; la garanzia offerta dalla NATO, che come per le altre stragi ha fornito assistenza e ospitato anch’essa riunioni — in particolare, al comando FTASE di Verona — a chi coerentemente applicava i principi della propria dottrina ufficiale, quella della “guerra rivoluzionaria” o “contro-insorgenza”.

Le narrazioni storiche tossiche causano gravi problemi di vista e memoria con il passare del tempo. Le stragi furono metodo di lotta politica perseguita contro le mobilitazioni democratiche e la diffusa insorgenza sociale, interpretate secondo gli antichi canoni anti-democratici proprio della cultura dello Stato italiano e i nuovi precetti atlantisti della Guerra Fredda. Non dimentichiamo, non perdoniamo. Dobbiamo avere chiaro un punto: l’offensiva revisionista e reazionaria, oggi, non è sul Ventennio, su cui Giorgia Meloni e la sua truppa post-fascista non hanno nessuna pretesa di difesa o richiami di memoria da rivendicare — se non andare avanti con la retorica peggiore della parificazione tra nazifascisti e partigiani; è sul ruolo della destra neofascista, lo scontro sociale degli anni Settanta e la strategia della tensione, che si gioca la partita principale e su cui Meloni sa perfettamente che può trovare un alleato nell’ambiguità di fondo con cui anche una parte cospicua dei settori democratici e del centro-sinistra, soprattutto post-PCI e post-DC, legge e racconta pubblicamente quegli anni, secondo la trama tossica degli “opposti estremismi”. Se non si capisce ciò allora si lascia agli stragisti di ieri, non soddisfatti dell’impunità e dell’oblio con cui sono stati ripagati, la più grande rivincita che ci segnerà per decenni — e che anzi è già iniziata.

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