Il 12 dicembre e il governo post-fascista

People’s Memory Project
2 min readDec 21, 2022

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Sono anni che una retorica istituzionale, costretta necessariamente nel corso del tempo ad ammettere la responsabilità neofascista — più qualche apparato “deviato” — nella strage di piazza Fontana, tenta però la pacificazione e l’annullamento delle responsabilità di Stato e classe dirigente repubblicana — politica, economica, militare, degli apparati di sicurezza — nella strategia della tensione. Da Napolitano a Mattarella si è puntato sulla “memoria condivisa” delle vittime, descrivendo secondo lo stereotipo degli “opposti estremismi” il quinquennio nero 1969–74 come parte di quel generale “assalto alla democrazia” operato dagli anni Settanta in avanti da estrema destra, violenza di piazza e “terrorismo” di sinistra — in un grande calderone dentro cui starebbe anche la stagione delle stragi di mafia.

Ora, il governo Meloni, tenta il salto per trasformare la propria “verità di vittime” del “complotto partitocratico” e della “violenza rossa” in verità di Stato. Un esecutivo di figlie, nipoti e coetanei del neofascismo italiano, quello protagonista dello stragismo e del golpismo. Sottosegretaria alla Difesa è Isabella Rauti, figlia di Giuseppe Rauti, repubblichino, dirigente del Msi e fondatore del gruppo responsabile della strage del 12 dicembre Ordine Nuovo, cui FDI continua a intitolare sedi e sezioni — ultima quella di Brescia, città ferita da quella strage che ebbe tra i suoi organizzatori proprio Rauti. Anche il padre era un insider del ministero della Difesa, se consideriamo i rapporti stretti con il capo di Stato Maggiore della Difesa Giuseppe Aloja e con l’Istituto di alti studi militari Alberto Pollio, think tank del “partito del golpe” in Italia.

Ma non solo: il 14 aprile 2022 Fratelli d’Italia organizzò in Senato un convegno dedicato a Gianadelio Maletti, ex capo dell’ufficio D dei servizi segreti condannato per favoreggiamento dell’ordinovista Marco Pozzan, coinvolto nell’inchiesta su Piazza Fontana e fatto fuggire all’estero; Maletti, morto latitante in Sudafrica, secondo l’allora deputato FDI Federico Mollicone — che già nel 2020 intervenne alla Camera dichiarando il falso storico che la strage di Bologna fosse imputabile ad ambienti della “sinistra internazionale terrorista” — fu “un uomo dello Stato che ha sempre osservato l’appartenenza alla divisa”, su cui “il giudizio va sospeso”. Oggi Mollicone è stato promosso da Meloni Presidente della Commissione Cultura della Camera.

D’altronde, la concezione aristocratica della politica e della Storia questi ce l’hanno nel loro DNA: mentre scatenano una campagna contro i ceti medi e popolari che non dispiace troppo ai centristi nostrani, ricordiamo le parole di un loro: Aldo Trinco, collaboratore di Franco Freda alla sua libreria nera di Padova, a proposito delle vittime di piazza Fontana disse nel ’72 a un altro ordinovista, Vincenzo Vinciguerra: “Siamo stati noi, in fondo era solo plebe”.

Non pacifichiamoci.

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